Accettazione tacita dell’eredità


Quando una persona viene a mancare, i chiamati all’eredità non diventano automaticamente eredi. Per acquisire formalmente tale qualità è necessario accettare l’eredità.

Il Codice Civile prevede due forme di accettazione:

Accettazione espressa (art. 475 c.c.)

Avviene quando il chiamato dichiara di accettare l’eredità, tramite:

  • un atto pubblico,
  • oppure una scrittura privata.

Accettazione tacita (art. 476 c.c.)

Si verifica quando il chiamato compie atti che presuppongono necessariamente la sua volontà di accettare, e che non potrebbe compiere se non nella qualità di erede.

In sostanza, c’è accettazione tacita ogni volta che il comportamento del chiamato è incompatibile con la volontà di rinunciare, e implica l’assunzione del ruolo di erede.


Quali atti costituiscono accettazione tacita dell’eredità?

Alcuni atti sono espressamente previsti dalla legge:

  • La donazione, la vendita o la cessione, che il chiamato all'eredità faccia dei suoi diritti di successione a un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, importa accettazione dell'eredità (art. 477 del Codice Civile);
  • La rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa accettazione (art. 478 del Codice Civile).

Altri atti sono stati riconosciuti dalla giurisprudenza come, ad esempio, il pagamento di un debito ereditario con denaro ereditario.


Non tutti gli atti costituiscono accettazione dell’eredità

È importante sapere che non tutti gli atti compiuti in relazione alla successione comportano accettazione dell’eredità.

La semplice presentazione della dichiarazione di successione o il pagamento delle relative imposte non equivalgono, da soli, ad accettazione.
Lo ha ribadito la Cassazione civile, sentenza n. 4848/2019, chiarendo che si tratta di adempimenti di natura fiscale, privi di efficacia civilistica, e quindi non idonei a esprimere la volontà di accettare l’eredità.


Il ruolo del notaio nella trascrizione dell’accettazione tacita

Il tema dell’accettazione dell’eredità assume particolare importanza in caso di vendita di immobili ereditari.
Quando l’immobile proviene da una successione, il notaio ha il dovere di curare la trascrizione dell’accettazione tacita dell’eredità, se questa non risulta già effettuata.

Lo scopo è quello di tutelare l’acquirente da una serie di rischi.


Perché trascrivere l’accettazione tacita dell’eredità è una tutela fondamentale

Continuità delle trascrizioni (art. 2650 c.c.)

La legge impone che le trascrizioni siano continue, cioè senza interruzioni tra i vari passaggi di proprietà.
Se manca la trascrizione dell’accettazione tacita dell’eredità, le successive trascrizioni (ad esempio quella della vendita) non producono effetti nei confronti dei terzi.
Solo una corretta sequenza di trascrizioni assicura la piena opponibilità dell’atto.

Protezione dell’acquirente da un erede apparente (art. 534 c.c.)

La legge tutela l’acquirente in buona fede che acquista da un erede apparente, ma solo se ricorrono le seguenti condizioni:
• Deve essere stata trascritta l’accettazione dell’eredità da parte dell’erede apparente.
• Deve essere stata trascritta anche la vendita al terzo acquirente prima che il vero erede trascriva il proprio acquisto.

Le suddette trascrizioni devono essere state effettuate prima della trascrizione dell’acquisto dell’erede vero.

In assenza di queste formalità, il vero erede potrà rivendicare l’immobile, anche contro l’acquirente in buona fede.

Pubblicità sanante (art. 2652, n. 6 c.c.)

La legge prevede una particolare tutela per l’acquirente in buona fede, detta “pubblicità sanante”:
Se un atto è invalido, ma trascorrono 5 anni dalla sua trascrizione senza che nessuno ne contesti la validità, l’acquirente fa salvo il proprio diritto sull’immobile.

Ma attenzione: questa tutela non si applica se il venditore ha acquistato per successione senza trascrivere l’accettazione dell’eredità.
Infatti, la continuità delle trascrizioni è un requisito imprescindibile: se manca anche solo la trascrizione dell’acquisto mortis causa, l’effetto sanante non può operare.


Quando va trascritta l’accettazione tacita?

La prassi suggerisce di trascrivere l’accettazione tacita nei venti anni dalla morte del de cuius, perché dopo vent’anni l’acquirente potrebbe comunque invocare l’usucapione.

Tuttavia, è fondamentale ricordare che l’azione di petizione ereditaria è imprescrittibile: per questo, è prudente procedere alla trascrizione anche oltre i vent’anni, considerato che potrebbero essersi verificate cause interruttive dell’usucapione.


In conclusione, la trascrizione dell’accettazione tacita non è un mero adempimento formale, ma una tutela essenziale per garantire la sicurezza di ogni atto di disposizione di un immobile ereditario.


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